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La storia

Le origini

26 giovani Fasanesi

Nella seconda metà dell’Ottocento, Fasano, paese che allora contava circa dodicimila abitanti, situato in posizione centrale tra le vicine città di Bari, Brindisi e Taranto, si arricchisce, come la maggior parte dei paesi pugliesi in quell’epoca, di un proprio teatro.

L’avvio della costruzione del Teatro Sociale risale al 1857, circa tre anni dopo l’inaugurazione del famoso Teatro Piccinni di Bari, struttura di spicco che influì in maniera determinante sul desiderio dei cittadini fasanesi di veder sorgere un teatro che potesse divenire il fiore all’occhiello del proprio paese.

I primi passi verso la realizzazione dell’edificio furono mossi da un gruppo di 26 galantuomini fasanesi, i “don” del paese, ricchi proprietari terrieri che decisero di unire le proprie forze per questa nobile causa.

L’occasione si presentò grazie alla sensibilità del signor Ferdinando Reale che si fece donatore di un proprio terreno con cessione datata 8 marzo 1857.

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"Un piccolo Piccinni"

Dai ricordi di persone anziane che hanno avuto la possibilità di ammirare il vecchio teatro e da qualche notizia ritrovata, è possibile fare una descrizione abbastanza precisa di quel gioiello andato perduto con una radicale “ristrutturazione” avvenuta nel 1930.

Il Teatro Sociale presentava il tipico impianto “all’italiana”, con la sala a ferro di cavallo composta da due ordini di palchi, «grandi come stanze», più il loggione, detto anche galleria.

Alla platea si accedeva direttamente dal portone centrale, dopo aver attraversato il foyer. Le poltrone «presentavano uno strano e piacevole particolare: il piano si ribaltava, scoprendo una cassetta metallica pitturata in smalto nero, ove gli spettatori riponevano il soprabito e il cappello».

La prima fila di palchi era a piano rialzato, ad un’altezza di cinque palmi dal piano della platea. Tutti i palchi, aventi una larghezza di circa quattro palmi ciascuno, erano chiusi con una porticina di legno che dava sul corridoio, il quale si dipartiva lungo la fila sia a destra che a sinistra, ed erano divisi l’un l’altro da un pilastrino di legno sul quale si incardinava la parete divisoria. Le restanti tre pareti che completavano il palco erano sempre in legno, ricoperte di «carta di francia rosso-damascata». Ogni palco aveva il proprio lume in bronzo coperto da una campana di cristallo e delle tendine in velluto rosso ai lati. La parte esterna dei palchi, la balconata, era composta da colonnine decorate con delle piccole sculture e aventi la parte liscia di color azzurro e il rilievo dorato. Il palco centrale e i quattro di proscenio presentavano, invece, una balaustra piena e bombata. Tutti i davanzali e le sedie erano di velluto rosso e il loggiato dei palchi era rifinito in bianco e oro.

La prima fila, come si è visto, era quella riservata ai nobili. La seconda fila, ritenuta di seconda classe in quanto presentava l’inconveniente di ricevere i fumi dei lumi a petrolio della fila sottostante, era destinata ai restanti condòmini. Ai palchi si accedeva tramite una scala in legno, posta a sinistra dell’ingresso, mentre il loggione era raggiungibile dalla porta laterale, situata su via Taranto, che conduceva, tramite una scala, anche ai locali superiori.

Il soffitto era a forma di cupola, appena ellittica, con una tela di colore azzurro chiaro che presentava delle pitture qua e là, quasi a voler rappresentare il cielo.

Un vero e proprio gioiello soprannominato dai più anziani “un piccolo Piccinni”.

Gli eventi

L’attività del Teatro Sociale per molti decenni è stata rigogliosa.

L’ «unico tempio di cultura e divertimento nella Fasano di fine Ottocento», era provvisto in platea di poltroncine non fisse che all’occorrenza potevano essere spostate dando vita ad un’ampia sala da ballo.

Festeggiamenti di Carnevale, stagioni liriche, la prosa, il varietà, le operette, le conferenze.

Nei suoi primi settant’anni di attività, il “Sociale” ha dato ampio spazio a tutte le attività possibili, appagando in tal modo le richieste delle varie tipologie di pubblico.

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Da Teatro Cittadino a Teatro Sociale

L’appellativo di “Sociale” non appare riportato negli atti notarili che documentano la nascita del teatro, nei quali si parla semplicemente di “teatro”, qualche volta con l’aggiunta dell’aggettivo “cittadino” o addirittura “comunale”.

Il teatro fino al 1901 continuava a non avere un nome preciso e la denominazione “Sociale” cominciava ad entrare nell’uso comune poiché tramandato oralmente dai cittadini stessi di Fasano.

L’appellativo di “Teatro Sociale”, in origine indicante semplicemente la forma societaria della proprietà, col passare degli anni è entrato nell’uso comune ed è stato assunto come nome proprio del teatro fasanese.

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Ammodernamento e Nuova Gestione

La mancata manutenzione e i primi problemi

Dopo i primi settant’anni di onorata e fulgida attività, il Teatro Sociale fu costretto a fare i conti la cattiva – se non assente – manutenzione. La fragilità delle strutture interne, completamente in legno, portavano spesso a veri e propri problemi di inagibilità dell’edificio.

Le strutture in legno dei palchi e del loggione risultarono invase dai tarli e dal marciume, e il terzo ordine di posti, la galleria, fu trovato in condizioni talmente precarie da consigliarne l’utilizzo solo se con le dovute cautele, ossia riducendo i posti disponibili, visto «
il genere di pubblico irrequieto o ad alto carico dinamico che frequentava quel settore di sala».

Inizia così un periodo di poche luci e tante ombre per il Teatro Sociale che, negli anni a cavallo del nuovo secolo, ha alternato momenti di inattività a (pochi) momenti di attività.

I lavori e lo snaturamento della struttura

Nel 1926 ebbero inizio i lavori di manutenzione e ristrutturazione che ne avrebbero garantito la sicurezza e la nuova riapertura, ma a causa di una progettazione superficiale e della scarsa professionalità di alcuni professionisti dell’epoca la struttura del “Sociale” fu stravolta e letteralmente improvvisata.

Venne costruita solo una prima fila di palchetti, leggermente rialzata dal piano della platea (circa 40 cm). I palchi erano separati tra loro da bassi e piccoli divisori che in seguito furono completamente eliminati in modo da formare un’unica balconata, la cosiddetta “barcaccia”, che mediante dei pilastrini sorreggeva una piccola galleria che andava a sostituire i due antichi ordini di palchi.

La vecchia “piccionaia” fu completamente eliminata e in seguito le stanze superiori furono adibite ad abitazione e magazzino. Il cambiamento più radicale però si ebbe riguardo all’andamento interno delle strutture: dalla tradizionale forma a ferro di cavallo, tipico impianto ottocentesco, si passò ad una lineare galleria squadrata in cemento armato.

In seguito ai lavori compiuti e che videro il Teatro Sociale cambiare completamente aspetto, nell’attesa di essere restaurato e riportato al vecchio splendore, la situazione degenerò in un completo abbandono della struttura la quale continuò a restare chiusa.

La Gestione della Famiglia Falcolini

Missione rinascita

Verso la fine del 1933 il ragionier Rodolfo Falcolini si propose per risollevare le sorti del Teatro Sociale e ne acquisì la gestione per un periodo di sei anni, precisamente dal 1° gennaio 1935 al 31 dicembre 1940. Le condizioni in cui Falcolini trovò il teatro erano a dir poco disastrose.

Dopo aver sanato i tanti debiti, Rodolfo Falcolini decise di puntare alla realizzazione di un impianto di cinema sonoro e poi parlato. Per rendere il locale idoneo alla nuova attività cinematografica, creò una stanzetta sopra l’entrata della sala da adibire a cabina di proiezione e vi fece costruire una scala in muratura per l’accesso.

Il Teatro riaprì e Falcolini incaricò un ingegnere di studiare i vecchi progetti per far tornare il “Sociale” allo splendore ottocentesco ma le sopravvenute vicende belliche della guerra in Etiopia bloccarono prima temporaneamente e poi definitivamente tali velleità.

Il tempo passava e questioni burocratiche fecero rimanere la situazione in fase di stallo: la struttura restava nelle pessime condizioni in cui era ormai da anni e, pur di utilizzarla, fu nuovamente concessa in locazione a Falcolini, precisamente dal 1° ottobre 1948 al 30 settembre 1952 successivamente prorogata fino al 2 ottobre 1960.

Nel 1964 il commendator Falcolini passò a miglior vita e i suoi eredi continuare a gestire la struttura effettuando anche alcuni lavori di mantenimento e ammodernamento ma la questione relativa al passaggio di proprietà restava ingarbugliata, spigolosa e fatta di batti e ribatti tra la famiglia Falcolini e l’Amministrazione comunale.

Missione rinascita

Nel 1934 Rodolfo Falcolini realizzò un vero e proprio impianto cinematografico, «dando al pubblico il godimento dei migliori film parlati dell’epoca». Egli si attrezzò anche per accompagnare dal vivo i primi film muti, acquistando un pianoforte verticale che fu utilizzato ovviamente anche per altri generi di spettacoli.

Nonostante il progetto non fu inizialmente accettato, la funzione cinematografica prese comunque il sopravvento sulle tradizionali attività. Furono proiettate numerose pellicole, tra cui film storici, commedie all’italiana, western, e il Sociale fu, per diverso tempo, punto di riferimento per il paese, offrendo le prime visioni dei più famosi titoli dell’epoca.

Vi era una notevole affluenza di spettatori, tanto che la domenica si tenevano due spettacoli, uno alle 17.00 e l’altro alle 21.00 (il primo riservato in genere ai ragazzi, con un costo inferiore del 
biglietto).

Dagli anni Settanta in poi, il boom delle grandi sale cinematografiche, ormai facilmente raggiungibili anche se situate in altri paesi, e la conseguente scarsa affluenza di pubblico (dovuta anche alle condizioni precarie della struttura), portarono a un brusco calo di livello anche nelle proiezioni cinematografiche, con il passaggio di alcuni film a “luci rosse”.

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L'attività del Teatro

Per ricostruire la vita artistica del Sociale si è fatto necessariamente riferimento ai periodici e alle testimonianze orali.

La prosa fu sicuramente una delle attività maggiormente presenti nel cartellone del teatro fasanese. A cavallo tra gli anni Venti e gli anni Trenta salirono sul palcoscenico i grandi Ermete Zacconi, Angelo Musco e la magnifica Rosina Anselmi. A fine anni Quaranta si alternarono sul palcoscenico del Social e altri grandi nomi della prosa e successivamente del cinema, come Enzo Fiermonte, Gino Cervi e Carlo Tamberlani.

Non mancò il famosissimo Nino Taranto che probabilmente fu affiancato da Anna Fougez o da Titina De Filippo, celebri nomi con cui lavorava abitualmente. Quest’ultima pare si sia esibita davanti al pubblico fasanese assieme a Eduardo e Peppino De Filippo proprio negli anni Quaranta.

Un ricordo indelebile tra i cittadini fasanesi riguarda i primi anni Cinquanta, quando Fasano ebbe l’onore di ospitare il famoso Totò. Si dice che questi fu invitato personalmente dal sindaco dell’epoca, Maria Chieco Bianchi, in occasione della sua visita a Bari effettuata per presentare il suo ultimo film, L’imperatore di Capri, finito di girare nel 1949. Totò, «
elegantissimo e accompagnato da una primadonna bellissima», si recò in Municipio, dove gli fu conferita la cittadinanza onoraria fasanese, e fece una donazione di 50 mila lire (cifra rilevante a quei tempi) per le famiglie bisognose di Fasano.

Nuovi generi di spettacolo leggero che ebbero una notevole diffusione negli anni Trenta e Quaranta un po’ovunque furono il varietà e i cosiddetti spettacoli di rivista.

Da non trascurare il ruolo di svago che nel periodo bellico svolgevano questi spettacoli, i quali, con la presenza di soubrettes, ballerine, cantanti, comici e band di musica leggera, andavano ad allietare le serate dei soldati italiani e tedeschi che affollavano il teatro fasanese e non solo; tra essi spesso vi erano attori, registi e musicisti affermati, che in alcuni casi organizzavano delle vere e proprie serate.
Durante gli anni Cinquanta il varietà divenne presenza abituale nella veste di avanspettacolo. Prima di ogni rappresentazione cinematografica e per un certo periodo venne organizzata la rassegna Cinema e varietà a 50 lire, che proponeva la visione di un film preceduta da un piccolo varietà nel quale si esibivano tre o quattro soubrettes in canti e balli, accompagnate in genere da un gruppo di cinque musicisti: solitamente quattro fiati, di cui fissi erano clarinetto e sassofono, e un contrabbasso.
Tra le altre presenze rilevanti non mancò Mario Merola con la sua compagnia, che portò a Fasano la tipica sceneggiata napoletana Zappatore.
Dagli anni Sessanta in poi, il livello degli spettacoli proposti al Sociale, sia teatrali che cinematografici, si abbassò vistosamente.
È ricordo di molti fasanesi l’avvicendarsi di vari spettacoli da night-club presentati al pubblico in quel periodo, i quali, sotto la veste del “nuovo varietà”, portavano anche a Fasano eventi del tutto nuovi.
Un discorso a parte va fatto per l’utilizzo della struttura dalle compagnie filodrammatiche locali, che hanno continuamente cercato nel Sociale lo spazio necessario per i propri lavori. Ciò fino agli anni Settanta, periodo in cui vi fu un’attività teatrale continua da parte di vari gruppi del luogo.
La musica, che, come si è visto, sembra aver avuto un ruolo abbastanza importante nei primi settant’anni di attività del Teatro Sociale, sebbene in maniera più marginale rispetto al cinema e alla prosa, continuò ad essere presente tra le attività proposte al pubblico fasanese, presenza che fu dovuta principalmente alla spinta di associazioni musicali locali che utilizzavano il teatro per i propri concerti.

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Non Solo Spettacoli

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Tra le varie attività svoltesi al Sociale, non va trascurato il ruolo che il teatro assumeva per festeggiamenti vari. La conformazione rettangolare della sala e la possibilità di spostare le poltrone della platea creavano, infatti, un ambiente particolarmente accogliente per qualsiasi occasione.

Fino agli anni Quaranta la sala veniva utilizzata per feste carnevalesche e per balli per studenti, ma è a partire dagli anni 50 che il Sociale assume un ruolo davvero particolare se non atipico per una struttura teatrale: nella platea avevano luogo, infatti, i ricevimenti nuziali degli sposi che ne facevano richiesta. La sala veniva riccamente decorata con addobbi floreali e festoni nuziali, venivano disposti tavoli e sedie occorrenti, veniva preparato l’angolo buffet, si organizzava lo spazio per l’orchestrina, generalmente posizionata sul palcoscenico, e si recuperava una piccola pista da ballo.

Il buffet, offerto dagli sposi a tutti gli invitati al ricevimento, comprendeva, in genere, dolcetti di pasta di mandorle, dolcioni (tipici dolci di pan di spagna), paste secche, confetti, liquori e spumante e ovviamente la torta nuziale.

La serata si concludeva con musica e danze e con la tradizionale consegna delle bomboniere ai partecipanti.

L'ultimo Trentennio

L'ennesima chiusura

Le ultime attività del Teatro Sociale sono state registrate fino alla fine degli anni Ottanta, precisamente fino al 1988. Da quell’anno in poi e fino ai primi anni del Duemila, la struttura rimase chiusa divenendo sconosciuta alle nuove generazioni.

La chiusura, oltre che per l’indispensabile restauro, fu determinata dalla necessità di adeguare la struttura alle nuove normative vigenti nell’ambito della sicurezza e del regolare accesso dei disabili.

Il Passaggio di Proprietà: da Teatro Privato a Teatro Comunale

In seguito al mancato accordo con l’amministrazione comunale (con il sindaco dell’epoca Donato De Carolis) riguardo all’intervento di restauro da loro stessi proposto, gli eredi Falcolini si arresero all’idea di cedere definitivamente le proprie quote al Comune di Fasano, che ne avrebbe assunto, così, l’intera proprietà, con l’obbligo di riportare il Sociale a nuova vita.

Nell’aprile del 2000, dopo decenni di trattative e controversie, si ha la tanto vagheggiata svolta: il Teatro Sociale ha un unico proprietario, il Comune di Fasano, che ha acquistato le restanti quote in possesso dei fratelli Falcolini e dell’avvocato Chieco Bianchi.

L'avvio dei Lavori

Il 2005 è l’anno in cui si dà il via ai lavori di ristrutturazione del Teatro Sociale. Il progetto, come si è detto nel capitolo precedente, è stato elaborato dal raggruppamento di tecnici guidato dall’architetto Domenico Pazienza (cui è stata affidata anche la direzione dei lavori), composto dall’impiantista ingegner Giuseppe Bitetti e dagli architetti Margherita Lorusso, Michele Ferrovecchio, Erminia Sgaramella. Tra i tecnici e progettisti che hanno collaborato vi sono anche gli architetti Carmine De Rienzo, Alessandra Maggio, Vanessa Ammirabile, Beniamino Attoma Pepe e Giovanni D’Amico.

Il teatro che si affaccia al nuovo millennio è dotato di tutti i comfort che vengono richiesti a una struttura moderna dalla sempre più esigente società contemporanea, creando le premesse per una lunga stagione di attività.

L’obbiettivo numero uno dell’Amministrazione comunale era quello di restituire a Fasano il proprio “contenitore culturale”, mettendolo a disposizione di compagnie locali, attori e musicisti del luogo che potessero trovare in tale struttura un nuovo trampolino di lancio per le proprie performances: spazi destinati agli spettacoli organizzati dai ragazzi delle scuole o delle associazioni locali, teatro da camera, concerti di musica colta e jazz, conferenze, convegni e incontri politici.

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Il Nuovo Teatro Sociale

Il Teatro Sociale, nella sua nuova veste, riprende ad essere attivo nel 2007, precisamente a centocinquant’anni da quel lontano 1857 in cui un gentiluomo fasanese donò un proprio terreno per venire incontro al desiderio di diversi cittadini di costruire un teatro a Fasano.

Le intricate vicende, i lunghi periodi di chiusura e le continue trasformazioni effettuate hanno cancellato completamente nel tempo l’immagine che esso aveva alla sua costruzione e, al momento in cui è stato effettuato il rilievo per l’elaborazione dell’ultimo progetto di ristrutturazione, nulla dell’interno del teatro aveva a che fare con l’antica struttura ottocentesca.

Tuttavia l’attuale ristrutturazione ha il merito di averlo riportato degnamente in vita e segna la fine di una intricata storia facendo diventare il Sociale simbolo del ritrovamento non solo dell’enorme valore culturale, ma anche della particolare identità storica del teatro fasanese.

Oggi, nel 2023, il teatro è gestito dall’ATS “Katharà – in rete per il teatro” composto dall’unione sinergica del Gruppo di Attività Teatrali “Peppino Mancini” di Fasano, associazione “SenzaConfine” e accademia “Fuori di danza” di Locorotondo.

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